Viaggio consapevole dentro un disastro.
Le immagini degli alberi caduti rappresentati dal progetto Vaia vogliono dare voce a quelle piante ormai cadute, accompagnando l’osservatore in un rapporto emotivamente paritetico con la natura devastata dal ciclone.
Il lavoro che sta dietro al progetto non si ferma alla testimonianza fotografica di Manuel Cicchetti, ma prosegue con la voce del giornalista Angelo Miotto a cui è stato affidato il compito di immaginare l’ultimo pensiero di RadiceTorta, Fioretto, FustoDritto, Corteccia, TanaFelice e molti altri alberi a cui è stato conferito l’onore di un nome proprio, portando al lettore il loro ultimo messaggio.
“Mi chiamo Fioretto, perché gli ultimi metri della mia cima sono esili e ondeggiano al vento come se fossi un tiratore di scherma che combatte contro il vento. Quando si placa il soffio riposo, pronto per la prossima sfida. Quei fendenti leggeri ora non sono più, la mia lama è stata spezzata e nessuno potrà più forgiarla di nuovo. Non era lo stesso vento che giocava con me quel giorno, ma un turbine iroso, ho pensato, mentre cedevo di schianto.”
Il lavoro rappresenta contemporaneamente un atto di denuncia, un grido fermo contro i soprusi alla Madre Terra, ma anche il riconoscimento dell’immane lavoro che l’uomo – così piccolo rispetto alla maestosità della natura – ha sin dall’inizio compiuto per riparare, pietosamente, come può.